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Da IL SOLE 24 ORE 21 Settembre 2006

di Serena Uccello

Due anni di indagini della Procura di Milano, una richiesta di arresto sul tavolo del giudice per le indagini preliminari dallo scorso giugno. Si è chiusa ieri con il carcere per diciotto persone e gli arresti domiciliari per altre tre,l'inchiesta sulle investigazioni illegali che negli ultimi mesi ha coinvolto con sempre maggiore frequenza il gruppo Telecom.
Tra gli arrestati infatti Giuliano Tavaroli, ex numero uno della security di Telecom, e Pierguido Iezzi, responsabile della sicurezza di Pirelli. In carcere anche l'investigatore privato Emanuele Cipriani, braccio operativo attraverso l'agenzia Polis D'Istinto — come hanno dimostrato le indagini — di Tavaroli e Marcello Gualtieri,commercialista di Cipriani. Ed ancora, tra le persone coinvolte, investigatori privati, carabinieri, finanzieri, un ufficiale della Dia di Firenze, funzionari dell'Agenzia per le entrate.
Associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e alla violazione del segreto d'ufficio, falso,approvazione indebita, favoreggiamento le ipotesi di accusa contestate a vario titolo agli indagati, mentre il reato di riciclaggio è stato nello specifico contestato solo a Gualtieri. Le Fiamme Gialle hanno inoltre sequestrato 14 milioni di euro, 11 milioni su conti in Lussemburgo, il resto su conti in Svizzera, a cui si deve aggiungere un immobile del valore di due milioni. Le indagini hanno però verificato un giro di denaro che supera i 20 milionidi euro inotto anni di attività svolta da Cipriani «a favore della Telecom e della Pirelli». Nelle quattocento pagine dell'ordinanza punto per punto i contenuti di questa attività e anche un interrogativo. Tra i nomi infatti peri quali la pubblica accusa aveva richiesto le misure di custodia cautelare il numero 20 è un "omissis": potrebbe forse trattarsi di una richiesta di arresto poi revocata.
A sottolineare la portata dell'indagine le stesse parole del giudice là dove descrive il ruolo diTavaroli.«È emerso— si legge nell'ordinanza — che quantomeno all'interno delsettore sicurezza di Telecom, Tavaroli godeva di ampia autonomia nel dettagliare le attività compiute tanto nel contenuto quanto nelle dimensioni e agiva con grande frequenza con operazioni fuori sistema e non riferiva a nessuno se non al presidente ».

Il super archivio
Ed ancora,secondo il Gip,Tavaroli e Cipriani «avevano messo su un sistema quasi perfetto». Un sistema il cui cuore è «l'enorme mole di informazioni e dati riservati, illegalmente ottenuti e memorizzati nell'archivio, archivio da fare invidiaa un servizio segreto, rinvenuto nella disponibilità di Cipriani è per la stragrande maggioranza commissionata da uomini del gruppo Telecom e Pirelli e pagata con denaro proveniente da tali società».
Dati su dati che in particolare quando coinvolgono dipendenti o aspiranti dipendenti dei gruppi Pirelli e Telecom diventano «una vera e propria schedatura a tappeto », tutti elementi su cui grava il divieto di indagine come prevede lo Statuto dei lavoratori.Fra l'altro«di tante operazioni — scrive il giudice — sfuggono allo statoattuale delle indagini le reali finalità». Questo non «cambia l'enormità del fenomeno e l'eccezionalità del fatto ».Perché,aggiunge il giudice, è evidente che quello che è stato delineato «è devastante sotto il profilo dei principi. Devastante per la violazione della privacy delle persone, per la scorrettezza dei comportamenti posti o che avrebbero potuto essere posti, per le chiare ripercussioni a livello professionale, economico e politico».
Un sistema, dunque, di investigazioni illecite pericoloso, dal momento che «costituisce un possibile ed evidente strumento di pressione, di condizionamento, di minaccia», ma anche in qualche modo collaudato. Perché se è vero come emerge dalle carte che «elementi sulla strumentalizzazione della security di Pirelli e Telecom si desumono anche dalla documentazione fornita dalla società».
È altrettanto vero che,secondo il Gip, «allontanato Cipriani, altri vengono individuati per svolgere per conto di Telecom e Pirelli le stesse identiche indagini a seconda del caso acquisendo informazioni vietate dalla legge». Allo stesso modo il giudice così continua: «Si apprende ancora che una volta bruciato Tavaroli altri prendono il suo posto, assumono i suoi metodi, e che essi si avvalgono degli stessisoggetti cui Tavaroli prima faceva ricorso. Adottando però una precauzione, e cioè quella di bruciare tutti i documenti che possono ricollegare loro e le società a cui appartengono ».